martedì 10 novembre 2009

La valutazione degli asset immateriali

Un'azienda è composta da un insieme di asset la cui combinazione produce il risultato economico complessivo. Il metodo reddituale si basa sulla capacità dell'azienda di generare risultati economici positivi (+ricavi e/o - costi = utili) dovuti all'apporto degli asset da valutare.
In particolare il valore dell'apporto è il risultato della somma algebrica del VA (Valore attuale) dei redditi futuri, considerati per un periodo di tempo limitato o illimitato, diminuiti del rendimento normale del capitale investito.
Chi investe in un'azienda guarda al suo valore come se l'azienda avesse una vita indefinita. La vita di un'azienda si compone di 2 periodi: il primo (esplicito) fa riferimento a un ragionevole periodo di tempo per il quale si riesce a fare delle previsioni (3-6 anni).
Il secondo (implicito) è successivo al primo ed è quel periodo per il quale non è credibile fare delle previsioni puntuali dei diversi fattori che portano alla determinazione dei redditi previsti. Per questo motivo si fanno delle assunzioni di lungo termine che sostanzialmente allineano la performance aziendale alle dinamiche complessive dell'economia.
La formula è:
W = R / i
dove:   W = il valore dell'asset
            R = l'incremento di reddito medio normalizzato (cioè depurato delle componenti straordinarie) atteso
            i = il tasso di attualizzazione
Il capitale economico coincide quindi con il valore attuale di una rendita perpetua, la cui rata è rappresentata dal reddito normalizzato prospettico.
Nel caso in cui si voglia considerare un orizzonte temporale definito, e, dunque, limitato (6 anni) la formula sopra esposta dovrà essere modificata in modo da rappresentare una rendita annua posticipata di durata pari a n anni (in cui i indica il tasso di attualizzazione).
W = R / a n-1

Il tasso di attualizzazione
Ha la funzione di attualizzare i flussi economici presunti futuri, pertanto maggiore è il suo valore, minore sarà il valore attuale di tali flussi.
Se i redditi futuri fossero particolarmente incerti sarebbe opportuno utilizzare un tasso piuttosto elevato, che diminuisse l’incidenza dei flussi più lontani nel tempo e quindi più incerti.
  • Deve essere espressione del rischio di impresa, ovvero della possibilità che non vengano effettivamente conseguiti i redditi presunti che si stanno attualizzando; maggiore sarà il rischio, più elevato dovrà risultare il tasso scelto.
  • Deve sintetizzare l’andamento del mercato in cui opera l’azienda che si intende valutare, in particolare potranno essere presi in riferimento i principali indici di redditività settoriali.
  • Affinché si tratti di un tasso effettivamente reale, e non solo monetario, deve essere corretto dell’effetto inflazione: in periodi di forte aumento dei prezzi dovrà essere caricato di un maggior spread richiesto da tale fenomeno.
Si usano due criteri per la determinazione del tasso di attualizzazione: il criterio del tasso opportunità e il criterio del costo del capitale.
Con il primo criterio, il tasso di attualizzazione è sintesi del rendimento di investimenti alternativi con lo stesso grado di rischio dell’azienda che si sta valutando; ci si pone pertanto nell’ottica dell’investitore che deve individuare l’investimento più redditizio.
Il criterio del costo capitale individua invece un tasso di attualizzazione che rappresenta il costo del capitale proprio o l’ipotetico costo medio ponderato dei capitali impiegati nell’azienda (sia a titolo di capitale proprio, sia a titolo di capitale di terzi).
Noi applichiamo il primo criterio, quello del tasso opportunità.
Le componenti fondamentali del tasso opportunità (detto anche tasso equivalente) sono 3, indicate nella seguente formula:
i = i* + r + l
dove:
i = tasso di attualizzazione del reddito medio prospettico
i* = tasso di rendimento di investimenti alternativi con rischio nullo, si tratta cioè della semplice remunerazione del capitale ottenuto in prestito
r = rischio dell’azienda di non conseguire i redditi presunti futuri
l = minor liquidità dell’investimento nel capitale dell’azienda, rispetto ad investimenti alternativi
La prima componente, “i*”, rappresenta quindi il tasso di rendimento interno (il cd.TIR) di un investimento a rischio zero: si tratta pertanto del tasso di remunerazione di un capitale concesso in prestito e la cui restituzione è praticamente certa. Per tali ragioni è spesso approssimato con il tasso di rendimento dei titoli stato (BTP se si prende in considerazione un arco di riferimento medio – lungo, BOT se viceversa si considera un periodo massimo di 12 mesi).
La seconda componente, “r”, è sicuramente di difficile determinazione oggettiva. Esprime infatti il premio di rischio legato all’azienda che si sta valutando, considerando tutte le variabili della gestione: rischio di impresa legato alla perdita di fornitori o clienti, insolvenza, congiuntura economica negativa, modificazione in senso sfavorevole della legislazione, crisi del settore in cui si opera.
Infine la terza componente, “l”, considera il fatto che in genere i titoli di stato, il cui rendimento si è preso in considerazione per la determinazione della prima componente, abbiano una liquidità maggiore del capitale investito nell’azienda; pertanto si dovrà ulteriormente aumentare il tasso di attualizzazione in considerazione del periodo di tempo che richiederà quest’ultimo per diventare liquido.
È il tasso normale atteso da un investitore che consideri l’investimento in capitale di rischio nel settore in cui l’azienda opera. Il tasso utilizzato ai fini dell'attualizzazione (o capitalizzazione) del reddito è, di norma, un tasso che aggiunga al rendimento degli investimenti privi di rischio un adeguato premio per il rischio di perdere l'investimento (gli asset immateriali, nel nostro caso) che si intende conferire.
Il rischio è valutato in funzione di una serie di fattori:
  • situazione economico-sociale generale
  • tipo di attività svolta
  • incidenza dei costi fissi
  • grado di concorrenza
  • elasticità dei prezzi
  • grado di innovazione tecnologica del settore
  • rischi specifici d’impresa
  • rischio paese