venerdì 24 settembre 2010

Revoca del Bando Turismo in Sicilia in scadenza il 13 novembre 2010.

Con DDG n.2337 del 15.09.2010 in corso di pubblicazione sulla GURS, è stata comunicata la revoca del bando PO FESR 2007/2010 linea di intervento 3.3.1.4 per l’attivazione, la riqualificazione e l’ampliamento dell’offerta ricettiva in Sicilia. Non si conosce la data della pubblicazione del nuovo bando.

A causare la revoca pare sia stato (per favore, non ridete) l'eccesso di errori contenuto nel bando precedente.
Avevo già pubblicato un importante errata corrige con il quale si ammetteva l'accesso anche alle imprese individuali (prima inopinatamente escluse).

Nel frattempo la Sicilia si è dotata di un nuovo governo.

Ora sì che siamo a cavallo!

giovedì 23 settembre 2010

Prima di metter su società con un amico...

Fare impresa, mollare il lavoro dipendente e mettersi in proprio facendo società con un amico è il sogno di molti. Molto spesso le perplessità sono di tipo finanziario, ancor prima che economico. Quasi mai sono di tipo organizzativo.
Eppure l’esperienza insegna che l'insuccesso di moltissimi sodalizi avviene prima che per motivi finanziari, per problemi legati agli aspetti relazionali, alla mancata condivisione di obiettivi strategici o al mancato accordo su regole di convivenza interna. Dovremmo ricordare, invece, che anche se abbiamo cieca fiducia reciproca, dobbiamo sempre confermarci vicendevolmente gli accordi, anche con i nostri fratelli. Anzi, proprio perché teniamo in modo speciale ai nostri rapporti sociali e familiari, in questi casi è ancora più importante stabilire delle regole. Parenti e amici, nella loro qualità di soci, vanno trattati come estranei, utilizzando le stesse cautele.
Determinanti, per il successo di un 'impresa, non è tanto il fatto di avere soci in numero dispari, purché inferiori a 3 (come recita un adagio) o il semplice entusiasmo, quanto la compatibilità caratteriale e una chiara divisione delle responsabilità e dei poteri tra i soci.
Il piano di business in questi casi rappresenta lo strumento programmatico per eccellenza, impostato più per un uso interno che da comunicare all’esterno (banche, finanziatori, ecc.). Solo successivamente (ma prima della costituzione) sarà anche necessario affiancare ad atto costitutivo e statuto un regolamento molto dettagliato: responsabilità aziendali, utilizzo locali, telefono... In caso di controversie, se c'è un accordo preliminare, la soluzione sarà più semplice.
Preliminarmente è necessario un laico (nel senso di non "innamorato" dell'iniziativa), confronto sull’idea, sulla filosofia che sottende sugli obiettivi e sui ruoli e le funzioni dei futuri soci "nubendi".
Successivamente va analizzato il mercato (clientela e concorrenza) e i servizi e prodotti che si intendono realizzare.
Successivamente e consequenzialmente, vanno analizzati nel Business plan gli aspetti organizzativi.
La formalizzazione "nero su bianco" della missione e di obiettivi realistici e coerenti è il punto fondamentale attorno al quale si sviluppa l’intero progetto.
In particolare i soci devono chiarire:
  • di avere in mente la stessa cosa riguardo il proprio business. Sembra ovvio, ma nella mia esperienza, posso assicurarvi che non è sempre così.
  • i principi fondamentali dello statuto e del regolamento interno;
  • ruoli e funzioni di ciascun socio;
  • l’adesione futura di nuovi soci e le modalità del loro ingresso;
  • regole per l'eventualità di una futura cessione del nascente business;
  • le esigenze personali (famiglia, hobbies, ecc.) e la correlazione di esse con il nuovo impegno.
Gli obiettivi
È importante che gli obiettivi siano misurabili in modo da disegnare un "percorso ideale" per raggiungerli e per poi analizzare gli scostamenti rispetto al percorso tracciato.
Gli obiettivi devono essere misurabili in cifre e vanno stabilite le date entro i quali questi vanno raggiunti. Vanno anche stabilite le strategie del gruppo per raggiungere i suddetti obiettivi.
Per metterli a punto dovremo visualizzare un orizzonte temporale inizialmente triennale, poi annuale e poi mensile.
Dovremo prevedere momenti di verifica degli obiettivi almeno trimestrali se non mensili (in relazione alla complessità della gestione) dello stato dei nostri lavori e degli obiettivi. Eventualmente dovremo rivedere le nostre strategie per raggiungerli, o rivedere gli stessi obiettivi. Certo la revisione non dovrà rimettere in discussione il piano anche per piccoli scostamenti di dettaglio non significativi.
Esempio di obiettivi (scegliete voi i più opportuni, o aggiungetene altri per voi significativi):
  • n.° di nuovi clienti entro il…
  • fatturato da raggiungere entro il …
  • % del mercato entro il …
  • nuovo canale/contatto/relazione entro il…,
  • nuovo mercato servito entro il …

A questo punto, fissati gli obiettivi (sapendo che dovrete ritornarci su, iterativamente, dopo aver approfondito la loro realizzabilità) va svolta un’attenta analisi del mercato riguardante i clienti e la concorrenza. Preliminare è però la definizione dei prodotti (o servizi) offerti, anche questa questione per niente ovvia.
Qual è la vostra clientela potenziale? Fate uno sforzo per individuarla e segmentarla, anche geograficamente. Non esiste “il cliente tipo”, ma diverse tipologie di clienti (cioè diversi bisogni serviti) e quindi diverse strategie per attrarlo, servirlo, mantenerlo fedele, far sì che ci porti altri clienti.
E chi sono realmente i vostri concorrenti? Avrete diversi concorrenti per ogni segmento di clientela potenziale servita. Quindi i vostri concorrenti saranno evidenti solo dopo aver individuato i vostri potenziali clienti e i relativi bisogni serviti. 
Su come proseguire il processo di business planning e per approfondimenti potete trovare qui altre informazioni, o digitare nel box di ricerca in alto "Business Plan".

IL REGOLAMENTO
Una volta chiari i motivi che vi hanno portato a fare società, e avendone condiviso le strategie e gli obiettivi, avendo messo per iscritto il piano di business, è necessario stabilire una serie di principi base di "convivenza" o REGOLAMENTO. Il regolamento può essere inserito nel documento di pianificazione di business. Può farsi riferimento al regolamento nello statuto, per ogni altra previsione che non sia ivi contenuta. Ma non create il regolamento DOPO esservi costituiti dal notaio. Molti aspetti della gestione vanno chiariti PRIMA e incorporati nel regolamento.
Il regolamento sancisce le regole interne di convivenza e va sperimentato ed, eventualmente, rivisto dopo sei mesi, poi dopo un anno. Infine va congelato e bloccato, a meno di cambiamenti gestionali importanti. L’approvazione va data all’unanimità.
Il regolamento va redatto non come un contratto di matrimonio, ma come un contratto di divorzio! Cioè vanno gestite anche e soprattutto le patologie prevedibili.
Tra i principi e gli aspetti organizzativi da incorporare nel regolamento, riflettete fin d'ora su questi punti che, se non chiariti e concordati in tempo, possono portare ad effetti deflagranti dopo pochi anni di vita aziendale. Sono elencati solo a tipo di esempio:
  • i ruoli e le funzioni di ognuno di voi rispetto all’organizzazione interna e al rapporto con l’esterno
  • le regole condivise per la gestione di assenze, soprattutto se prolungate (gravi malattie, infortuni, ecc.);
  • i criteri di ripartizione degli utili e gli eventuali meccanismi di incentivazione;
  • la regolamentazione dei casi di recesso e/o esclusione, con l’individuazione di criteri per la valutazione della società e/o delle singole quote;
  • le regole per i servizi e i prodotti venduti a parenti ed amici
  • le regole per l’ingresso di nuovi soci, collaboratori e per l'assunzione di personale dipendente: decisioni a maggioranza, unanimità, ecc., i criteri per la selezione del personale, ecc.
Indipendentemente da valutazioni patrimoniali o fiscali, si può dire che la società in nome collettivo (Snc) è preferibile tutte le volte in cui i soci sono legati da rapporti di stima e fiducia reciproca e intendono operare attivamente con lo stesso impegno nella società. 
La società in accomandita semplice può essere presa in considerazione quando si voglia affiancare ad una compagine siffatta uno o più soci di capitale da tener fuori da amministrazione e da responsabilità patrimoniale personale.
Negli altri casi può ipotizzarsi una Società a Responsabilità Limitata (Srl). In ogni caso è sempre opportuno farsi consigliare da un dottore commercialista.

Un'altra osservazione: nella mia esperienza accade spesso la seguente situazione: tre soci vanno d'accordo per anni, le cose vanno bene e non ci sono tensioni finanziarie. Poi l'azienda attraversa un periodo più complicato, i soci decidono di immettere personalmente risorse in azienda: apporto dei soci in conto capitale o finanziamento degli stessi soci. Se uno dei soci non ha le liquidità necessarie ad adeguarsi alla decisione, non resta che re-distribuire le quote, cedendo parte delle quote agli altri soci più "liquidi" che effettuaranno l'apporto necessario alla ricapitalizzazione dell'azienda. La rimodulazione delle quote può portare ad una estromissione di fatto del socio dalla gestione "ridotto", o ad una tale sua riduzione di partecipazioni da non renderne più conveniente la sua presenza nel sodalizio. 

Per non dire che, tale modalità è spesso usata proprio per estromettere un socio che gli altri soci sanno non essere in grado di "rilanciare". Insomma, non si dovrebbe giocare a poker con chi ha più soldi di noi.

E cosa acccade quando una società nasce tra soci di capitale e soci d'opera? Una società nasce con queste due tipologie di soci, le cose vanno bene, la società cresce, ha successo, chi la amministra investe tempo, risorse, credito (anche) bancario personale. A poco a poco il socio di capitali, inizialmente benedetto perché colui che ha messo le risorse patrimoniali perché tutto iniziasse, finisce con l'essere percepito come superfluo e "parassitario". Si finirà col volersene liberare e l'altro opporra le ovvie resistenze (leggasi richieste molto care per la fuoruscita), avendo tutto l'interesse a rimanere socio di una società redditizia. 

E' importante che vengano definiti bene i ruoli. Tre soci tutti amministratori renderebbero complicata la gestione. Così come tre soci tutti impegnati nella produzione o nella commercializzazione. La società necessita che vengano coperte le tre aree (amministrazione, produzione, commerciale) e vanno ben distribuiti i ruoli, senza sovrapposizioni.

Chi possieda più quote non può comunque pensare di imporre le sue scelte in azienda, essendo questo il potere dell'amministratore (sempre nei limiti del mandato conferito dai soci). Ricordate che chi amministra ha la gestione dell'impresa.

In tutti questi casi, al di là di quanto previsto dal Codice Civile, è utile prevedere, sempre in fase preliminare alla costituzione, i PATTI PARASOCIALI, cioè un atto pubblico in cui vengono regolamentati tutti gli elementi della vita sociale non espressamente previsti nello statuto.

In bocca al lupo!

lunedì 13 settembre 2010

Paradisi fiscali: se ne parla, il fisco li combatte. Cosa sono?

Ci sono molti modi di definire un Paese un paradiso fiscale.
Una definizione può essere quella di Stato in cui un regime fiscale privilegiato consente una imposizione fiscale minore o nulla rispetto al paese di origine.

Secondo l'economista Geoffrey Colin, è necessaria la presenza di una struttura di tassazione creata deliberatamente per trarre vantaggio e sfruttare la domanda mondiale di evasione fiscale. Quindi sarebbe un paradiso fiscale un paese che costruisca un sistema fiscale di vantaggio con l'intento di attirare capitali provenienti da paesi stranieri. Secondo questa definizione potrebbero non rientrare molti Paesi tradizionalmente considerati "paradisi fiscali", e vi potrebbero rientrare tutti quelli che modificano il proprio sistema fiscale per attrarre capitale straniero.

Da millenni l'uomo si serve di paradisi fiscali. Nell'antica Grecia alcune isole dell'Egeo venivano utilizzate come deposito per evitare di pagare il 2% sulle importazioni imposto dalla città di Atene. E questi escamotage sono stati utilizzati continuamente nella storia dei commerci, fino ad oggi. Da altrettanto tempo città e nazioni prosperano da quella che è sempre stata considerata competizione fiscale tra paesi.
Al di là dell'ovvio perseguire i movimenti di denaro generati dalle organizzazioni criminali, non è illegale la concorrenza fiscale tra paesi, che infatti, cercano di rendersi attraenti con varie costruzioni quali le free economic zone (in Italia, ad esempio, Catania, Ventimiglia) o i porti franchi (Livorno, Trieste, Venezia, Aosta).
In molti casi, però, i paesi considerati paradiso fiscale, possono costituire per molti paesi una spina nel fianco e mettere in atto una forma di concorrenza sleale.

In realtà non si può imporre ad un paese di imporre più tasse ai propri cittadini solo per non generare disparità di trattamento tra paesi. Alcuni sistemi fiscali presentano una tassazione sicuramente di vantaggio rispetto, ad esempio, all'Italia. Ad esempio la Russia applica una tassazione alle società pari al 20% potrebbe essere un paradiso fiscale per un'azienda italiana, se si guardasse solo all'importo della tassazione. Montecarlo applica imposte sui redditi d'impresa non particolarmente attraenti, anzi, però la tassazione di chi acquisisce lo status di cittadino monegasco è pressoché nulla. Né possono accadere distorsioni per cui un cittadino si possa trovare a pagare 2 volte le proprie imposte sui redditi, una volta perché residente in un paese ed una seconda volta perché, ad esempio, i redditi vengono prodotti in un certo altro territorio o è cittadino di un certo Stato (come avviene per i cittadini USA che sono tassati in base al principio di cittadinanza e non di residenza). Per questo motivo gli stati si sono accordati con vari trattati contro la doppia imposizione.

A rendere più complesso il quadro dei paradisi è anche il fatto che non sempre si sceglie di rifugiarsi in un paradiso fiscale per mere questioni fiscali. Questi paesi, spesso, sono infatti anche giurisdizioni dove vigono regole di riservatezza bancaria molto strette, rendendoli interessanti per coloro che intendessero proteggere il proprio patrimonio da creditori o da questioni di famiglia.

Al di là delle definizioni giuridiche, più o meno sfuggenti, i paradisi fiscali hanno in comune buona parte delle seguenti caratteristiche:

  • non vi è alcuna tassazione o tassazione nominale
  • è presente un sistema “ring fenced”, cioè un sistema di tassazione con ampia disparità tra i redditi generati nel territorio nazionale dagli altri
  • vi è scarso scambio di informazioni fiscali con le autorità fiscali straniere
  • mancanza di trasparenza (opacità) delle transazioni effettuate grazie alla normazione legislativa, amministrativa e legale
  • non viene richiesta una necessaria presenza fisica sul proprio territorio
  • si auto-promuovono come centro finanziario off-shore (si usa il termine off-shore ad intendere una delocalizzazione fuori dal territorio nazionale). Questo determina la loro capacità di attrarre società con il solo scopo di occultare capitale

Possiamo distinguere 4 principali categorie di paradisi fiscali:

  • Pure Tax Haven: non vengono applicate imposte o tasse o solo imposte o tasse di valore nominale. Viene garantito il segreto bancario e non vengono scambiate informazioni con altri paesi
  • No Taxation on Foreign Income: viene tassato solo i reddito prodotto nel territorio nazionale
  • Low taxation: viene applicata una modesta tassazione fiscale sul reddito ovunque generato nel mondo
  • Special Taxation: in questi paesi il peso dell'imposizione fiscale è simile a quello dei paesi considerati a tassazione normale, ma è consentita la costituzione di società particolarmente flessibili

Gia dal 1999 l'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economic) o OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) aveva stilato una prima blacklist (lista nera) di paradisi fiscalli. Il 2 aprile 2009 durante il G20 di Londra i paesi G20 si sono accordati per definire una blacklist dei paradisi fiscali da segmentarsi in 4 categorie basate sull'adesione ad uno “standard fiscale internazionalmente riconsociuto”.

Le 4 categorie di paesi sono:
  • i paesi che hanno sostanzialmente implementato lo standard (tra questi è l'Italia)
  • i paradisi fiscali che si sono impegnati ad adeguarsi ma non hanno ancora pienamente implementato lo standard (tra questi Andorra, le Bahamas, Isole Cayman, Gibilterra, Liechtenstein e Monaco)
  • i centri finanziari che si sono impegnati ad adeguarsi ma che non hanno ancora implementato in pieno lo standard (tra questi la Svizzera, l'Austria, il Belgio e Il Lussemburgo)
  • i paesi che non si sono impegnati ad implementare lo standard (sono i c.d. Paesi non cooperativi, finora una categoria vuota).

In Italia il legislatore era già arrivato a considerare paradisi fiscali quei paesi dove il livello di tassazione è inferiore minimo per il 30% rispetto al livello medio applicato in Italia. La Legge Finanziaria del 2008 istituisce, al posto della blacklist per i paesi a rischio fiscale, la whitelist in cui inserire quei paesi ad elevato livello di collaborazione con l'amministrazione italiana. Con questo nuovo criterio potremmo trovarci paesi prima presenti nelle blacklist per via del livello di tassazione basso ora rientrare nella whitelist in quanto hanno uno scambio di informazioni con l'Italia adeguato ai nostri parametri. E' il caso di Malta, delle Mauritius e degli Emirati Arabi Uniti. E potrebbero essere invece penalizzati paesi che, pur avendo livelli di tassazione simili a quella italiana, mantengono una eccessivo livello di riservatezza, come la Svizzera.

E' prevista l'indeducibilità dei costi sostenuti per operazioni intercorse con fornitori residenti in paesi considerati paradisi fiscali e inseriti nella blacklist, anche se l'indeducibilità è applicabile solo ad operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo e non si applica se si fornisce la prova che la società estera svolge prevalentemente attività economica reale de effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.
Con il decreto Bersani (D.L. 223/06) si è introdotta, con il comma 5 bis dell'art. 73 del TUIR sulla localizzazione dei redditi prodotti da una società o ente estero la cui partecipazione di controllo è detenuta da un soggetto residente in Italia, la presunzione legale, salvo prova contraria, della residenza in Italia della sede amministrativa di società ed ente estero quando, alternativamente:

a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell'art. 2359, comma 1 del c.c. da soggetti residenti in Italia;
b) sono amministrati da un consiglio d'amministrazione o altro organo di gestione equivalente, formato da soggetti residenti in Italia.

E' stata in pratica introdotta l'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente che deve essere in grado di predisporre idonea documentazione, nulla essendo stato, però, indicato su cosa possa costituire prova contraria.
Se l'imposta evasa supera il limite di € 77.468,53 il reato è penale con una previsione di reclusione da uno a tre anni.

Come viene sfruttata la competizione fiscale fra Stati? Con necessaria semplificazione, si usano 4 principali metodologie.
  • Tassazione in capo alla persona fisica:
Nella gran parte degli stati del Mondo la residenza è la principale base di tassazione. In alcuni casi le giurisdizioni a tassazione mite prevedono imposte sui redditi leggere o inesistenti (ad esempio il Principato di Monaco). E quasi tutti i paradisi fiscali non impongono tasse sui capital gain o imposte di successione.
  • Imposizione patrimoniale:
Un trust o una società o un trust che possiede una società si costituisce in un paradiso fiscale e viene amministrato e risiede in una giurisdizione ad alta tassazione.
La funzione sarà quella di detenere la proprietà che può consistere in un portafoglio di azioni, partecipazioni in altre società o gruppi e beni materiali, tra i quali, ad esempio, immobili.
L'essenza di una tale organizzazione è che trasferendo la proprietà di un asset societario ad un'altra entità, residente in una giurisdizione a bassa tassazione, l'asset societario cessa di essere tassato nella giurisdizione ad alta tassazione e sarà soggetta alle regole di tassazione della nuova giurisdizione.
Spesso il meccanismo è impiegato per eludere una specifica imposta. Ad esempio, un testatore che possiede ingenti capitali trasferisce i propri beni ad una società off-shore. Successivamente questi conferisce le quote della società off-shore ad una fiduciaria di cui è amministratore congiuntamente ad un'altra persona, mantenendo l'usufrutto a vita per lui, e poi per sua figlia. Alla sua morte le quote passeranno automaticamente alla figlia, che quindi acquisirà la casa senza omologa del testamento e imposte di successione.
Accade, però, che la maggior parte dei Paesi applica imposte di successione e tutte le altre imposte sui beni immobili siti nella propria giurisdizione, a prescindere dalla nazionalità del proprietario, e quindi potrebbe non funzionare con gli immobili nella gran parte dei Paesi. E' una forma più adatta ai patrimoni costituiti soprattutto da beni immateriali.
  • Le società:
Molti business che non necessitano di una specifica sede geografica o di forza lavoro hanno sede in un paradiso fiscale per limitare l'esposizione fiscale. Tipica è la presenza alle Bermuda di società di riassicurazione che vi ahnno migrato negli anni. Molte sono le società finanziarie e le società di servizi erogati via internet.
Negli anni 70 e 80 molti gruppi societari creavano società off-shore allo scopo di ri-fatturare. Queste società di rifatturazione guadagnavano il proprio margine operativo senza svolgere alcuna funzione economica, e siccome i propri redditi si generavvano in una giurisdizione tax-free, il gruppo riusciva a far dimagrire i profitti dichiarati nella giurisdizione ad alta tassazione. Oggi nella gran parte degli stati, tra cui l'Italia sono state introdotte norme sul “transfer pricing” che regolamentano escamotage di questo tipo.
  • Gli intermediari finanziari
La gran parte delle attività economiche nei paradisi fiscali oggi consiste in servizi finanziari, come fondi comuni, banche, assicurazioni e fondi pensionistici. In genere i fondi sono depositati con un intermediario in una giurisdizione low-tax, e l'intermediario reinveste le somme spesso nelle stesse giurisdizioni ad alta tassazione. Questo sistema non esime da imposizioni fiscali i propri clienti però permette al fornitore di servizi finanziari di erogare prodotti multi-giurisdizione senza stratificare addizionali livelli di tassazione. Questo sistema è particolarmente utilizzato dai fondi off-shore.

lunedì 6 settembre 2010

Bando turismo Regione Sicilia: pubblicato un importante errata corrige

Con riferimento al Bando Turismo in scadenza nella Regione Sicilia (Programma Operativo Regionale Fesr 2007-2013 - Linea d'intervento 3.3.1.4 "Bando pubblico per l'attivazione, la riqualificazione e l'ampliamento dell'offerta ricettiva locale e delle correlate attività di completamento attraverso l'attivazione di un regime di aiuti"), il Dipartimento regionale del turismo dello sport e dello spettacolo, ha pubblicato il seguente, importante, errata corrige:

Il primo punto del secondo comma dell’art.2 –Beneficiari – dell’allegato al DDG. n°438/S.3/Tur del 30 Giugno 2010 “Bando pubblico per l’attivazione, la riqualificazione e l’ampliamento dell’offerta ricettiva locale e delle correlate attività di completamento attraverso l’attivazione di un  regime di aiuti, ai sensi dell’art. 75 della legge regionale 23.12.2000 n°32 così come sostituito dall’art. 18 della legge regionale 06.08.09 n°9, a favore delle piccole e medie imprese operanti in Sicilia nel settore turistico” è così sostituito:

"Le società dovranno essere già regolarmente iscritte nel registro delle imprese e costituite forma di società regolari, ossia società costituite così come previsto dal Codice Civile.
Le ditte individuali dovranno essere regolarmente iscritte nel registro delle imprese."

Sembrano ammesse, quindi, anche le ditte individuali. Si è sempre in attesa delle FAQ.

La scadenza, ricordo, è sempre fissata al 13 novembre 2010.